Questa terapia viene prescritta per molti motivi e, quindi, con modalità diverse.

In genere, essa viene prescritta per evitare che si formino coaguli (grumi di sangue) all’interno della circolazione: cavità cardiache, arterie e vene del nostro corpo.

Questi coaguli possono poi diventare emboli, cioè staccarsi interamente, o in parte, spostandosi all’interno della nostra circolazione in vari organi, a seconda del territorio in cui si sono formati.

Se questa formazione di coaguli avviene nelle vene (ad esempio in quelle delle gambe quando sono presenti vene varicose che possono infiammarsi – flebiti), potrà produrre emboli nei polmoni (embolia polmonare), una severa condizione che può mettere a rischio la vita del paziente.

Se avviene, invece, all’interno delle cavità sinistre del cuore (come succede nella malattia della valvola mitrale) o nelle grosse arterie, che da esso partono, può provocare embolie in tutti gli organi. In particolare, se il coagulo migra nelle arterie del cervello, provoca l’ictus.

La terapia anticoagulante può rendersi necessaria anche per malattie non legate alle alterazioni delle valvole del cuore.

Ad esempio, per disturbi del ritmo cardiaco, come la fibrillazione atriale, che fanno ristagnare il sangue nelle cavità del cuore, creando le condizioni per la formazione dei coaguli all’interno dell’atrio sinistro.

Oppure per altre malattie, come le varici degli arti inferiori (i gavoccioli di vene che si formano soprattutto sul lato interno delle gambe, più spesso nelle donne), che possono complicarsi con infiammazioni o infezioni, dette flebiti, che possono provocare la formazione di coaguli al loro interno.

Anche nel caso vi siano fattori predisponenti alla formazione di coaguli nelle arterie, come i gravi restringimenti determinati dall’arteriosclerosi (le placche di grasso che restringono le arterie) nei vasi arteriosi del collo (arterie carotidi) o dell’addome (aorta addominale, arterie iliache) o negli arti inferiori (arterie femorali, poplitee, tibiali), la terapia anticoagulante deve essere prescritta per evitare che questi coaguli blocchino il flusso di sangue, provocando l’ischemia, cioè la sofferenza e, alla fine, la morte (necrosi) degli organi interessati.

Esistono diverse modalità per ridurre la coagulazione del sangue.

Tre sono le categorie fondamentali di farmaci:

- antiaggreganti piastrinici;

anticoagulanti;

trombolitici.


Gli antiaggreganti piastrinici (fra cui l’acido acetilsalicilico - aspirina® - è il più comune) riducono la possibilità che le piastrine (le cellule del sangue adibite a dare inizio al processo della coagulazione) si riuniscano aderendo l’una all’altra (aggregazione). Questi vengono prescritti quando si deve prevenire tale fenomeno, in presenza di condizioni predisponenti, come l’arteriosclerosi che restringe le arterie carotidi o le coronarie, oppure dopo l’effettuazione di una angioplastica (dilatazione con palloncino) delle coronarie, o dopo un intervento di by-pass delle coronarie. Viene spesso utilizzata anche nei primi mesi dopo un intervento di sostituzione valvolare con protesi biologica o di ricostruzione valvolare.

Gli anticoagulanti si dividono in due categorie: quelli da assumere per bocca (terapia orale) e quelli da somministrare per via sottocutanea o venosa (terapia parenterale).

I primi sono costituiti dai warfarinici o dicumarolici (con nome commerciale Coumadin® o Sintrom®). Per essere efficaci richiedono alcuni giorni di somministrazione (figura 1).

Questo fenomeno è legato al fatto che essi hanno la funzione di bloccare la formazione dei fattori che determinano la coagulazione del sangue a livello del fegato, interferendo con l’attività della vitamina K, fondamentale in questo processo.

Per questo motivo sentirete dire dal vostro Medico di Medicina di Base, dal vostro Cardiochirurgo, dal vostro Cardiologo o, molto spesso, dalle persone che già fanno uso di questa terapia, che dovete evitare di mangiare cibi che contengono molta vitamina K, in quanto questi riducono l’efficacia della terapia che state seguendo. 

Questo è vero. Ma l’importante, in realtà, è avere una dieta varia e senza picchi di utilizzo di questi alimenti. Voglio dire che, se una persona utilizza moderatamente, in modo costante, questi cibi, i risultati dei controlli che effettuerà (ne parlerò fra poco) saranno influenzati da questa dieta e il dosaggio del farmaco verrà adeguato di conseguenza.

Concretamente, non bisogna mangiare cavolo o spinaci tutti i giorni per una settimana e poi non mangiarli per un mese, o viceversa. La distribuzione dei cibi deve essere varia, ma costante.

I cibi più ricchi di vitamina K, cioè quelli che riducono l’efficacia dei farmaci anticoagulanti orali, sono alcune famiglie di verdure a foglia verde. In particolare:

- cavolo,
- lattuga,
- spinaci,
- broccoli,
- piselli,
- fagiolini,
- asparagi,
- tè verde.

Esiste, poi, una serie di farmaci (fra cui alcuni antibiotici) che hanno l’effetto di alterare, aumentando o diminuendo, l’azione dei farmaci anticoagulanti. Questo è un argomento complesso che non può venir gestito autonomamente da parte del paziente. Per questo è fondamentale che il paziente, che effettua una terapia anticoagulante, informi sempre il medico che gli sta prescrivendo un qualunque farmaco, per qualsiasi malattia, di questa terapia già in atto, affinché il medico possa informarlo sulla possibilità o meno di interferenza sulla sua efficacia.

Cerco di riassumere i consigli per i pazienti che vengono sottoposti a terapia anticoagulante orale (Coumadin® o Sintrom®). Innanzitutto, per loro fortuna, in assenza di altri problemi di ritmo cardiaco, se la valvola viene riparata, anziché sostituita, questa terapia verrà assunta solo per 3 mesi.

- Chiedete in farmacia o al vostro Medico di Medicina Generale di fornirvi un cartellino-calendario che attesti che utilizzate farmaci anticoagulanti orali, i risultati dei controlli del sangue (INR) e le dosi di farmaco con le eventuali variazioni nel tempo.

- Utilizzate il cartellino-calendario per non confondervi nell'assunzione del farmaco; segnate sul calendario la dose da assumere nei giorni successivi e spuntate subito dopo aver preso il farmaco.

- Assumete l'anticoagulante sempre alla stessa ora e a stomaco vuoto (circa due ore prima di cena o circa tre ore dopo cena).

- Rispettate sempre i tempi prescritti tra un controllo e l'altro (se saltate i controlli il rischio di problemi aumenta).

- Non assumete mai farmaci (anche d'erboristeria) senza aver prima parlato con il medico o il farmacista, ricordando loro che usate gli anticoagulanti.

-Seguite la dieta che preferite, ma siate costanti nell'uso dei cibi, particolarmente le verdure che ho elencato sopra. 

- Evitate le iniezioni intramuscolari, perché potrebbero creare ematomi anche importanti.

- Evitate attività rischiose o sport che possano provocare traumi o ferite, fintanto che utilizzate l’anticoagulante.

- In caso di piccole ferite sanguinanti (ad esempio tagliandosi la barba o pulendo le verdure con un coltello) comprimete il punto di sanguinamento, possibilmente con una garza sterile, o almeno con un fazzoletto pulito, sollevando, se si tratta della mano, il braccio sopra la testa. Se il sanguinamento sembra importante, o non si arresta nel giro di pochi minuti, recarsi al Pronto Soccorso.

- Consultate il medico in caso di: 

   - urine molto scure o rossastre,

   - feci nerastre (fondi di caffè),

   - feci con sangue vivo, rossastro ,

   - comparsa di malessere allo stomaco, non presente in precedenza, soprattutto se accompagnato da vomito scuro,

   - mestruazioni più abbondanti del solito.

- In caso di dubbi non esitare mai a chiedere al vostro Medico di Medicina Generale, o al vostro Cardiochirurgo, o al Cardiologo di fiducia.

Fra gli anticoagulanti da somministrare per via parenterale (sottocute o endovenosa) il più comune è l’eparina. Questa sostanza riduce in modo significativo la possibilità di coagulare del sangue e ha la caratteristica di avere effetto immediato (circa un minuto dopo somministrazione in vena). Per questo motivo, l’utilizzo è limitato all’ambiente ospedaliero. Vengono associati agli anticoagulanti orali nelle prime ore, finché questi non diventano efficaci. Anche la scomparsa delle sua attività, in caso di somministrazione in vena, è molto rapida (1 o 2 ore, a seconda del dosaggio). Nel caso sia necessario un utilizzo per un tempo più lungo e autonomamente gestito dal paziente, si possono utilizzare alcune preparazioni particolari di eparina (eparina calcica o eparina a basso peso molecolare) che sono efficaci se somministrate una o due volte al giorno per via sottocutanea (le famose punture nella pancia, in realtà nel tessuto sottocutaneo, nel grasso dell’addome)

La terza categoria di farmaci che agiscono sulla coagulazione del sangue sono i trombolitici. Questi, usati in genere in situazioni di emergenza, non funzionano prevenendo la formazione dei coaguli, ma cercando di scioglierli, quando questi si sono già formati. Sono sempre situazioni drammatiche, di emergenza. E’ la situazione tipica dell’infarto cardiaco. Esso è causato dalla chiusura di una arteria coronarica da parte di un coagulo che si forma come complicazione di una placca di arteriosclerosi che la aveva ristretta. L’unico modo per cercare di limitare al più presto i danni provocati da questa ostruzione è quello di sciogliere il coagulo. L’utilizzo di questa terapia, pertanto, non riguarda l’argomento di cui parliamo in questo sito, ma l’organizzazione sanitaria che fa parte del Servizio 118 .

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A questo punto, invece, ritengo utile descrivere il tipico percorso che un paziente, che deve subire un intervento di ricostruzione valvolare mitralica, affronterà al riguardo della terapia anticoagulante.

Analizziamo le quattro fasi che dovrà affrontare:

1. la terapia preoperatoria domiciliare,

2. la terapia durante il ricovero per l’intervento,

3. la terapia dopo la dimissione nei primi 3 mesi,

4. la terapia successiva.

 

1. In base a quanto ho descritto precedentemente, parlando in particolare di un paziente che è portatore di una malattia della valvola mitrale, è possibile che egli sia già sottoposto ad una terapia antiaggregante (acido acetilsalicilico nelle sue varie preparazioni come Cardioaspirin®, Ascriptin®, Aspirinetta®, Cardirene®, etc.), o anticoagulante (Coumadin® o Sintrom®) se ha già manifestato aritmie, come la fibrillazione atriale. In questo caso, la terapia andrà interrotta qualche giorno prima dell’intervento, per evitare possibili problemi di emorragia durante lo stesso intervento, provocati dalla scarsa coagulazione del sangue. Le modalità ed i tempi di sospensione devono venir definiti dal Cardiochirurgo che effettuerà l’intervento.

2. Durante il ricovero pre- e post-operatorio la gestione di questi farmaci è affidata esclusivamente ai medici della struttura, nella quale il paziente viene operato.

3. Dopo la dimissione (ricordo che in questa sede stiamo parlando solo dei pazienti sottoposti a ricostruzione della valvola mitrale) si devono distinguere tre periodi:

- i primi tre mesi,

- dal quarto al sesto mese,

- dopo il sesto mese dall’intervento.

 

- Nei primi tre mesi, se non esistono controindicazioni assolute alla terapia anticoagulante, è consigliabile assumere il CoumadinÒ o il SintromÒ.
Il problema legato a questa terapia è dovuto al fatto che non esiste un dosaggio del farmaco uguale per tutti, ma questo deve essere adeguato alla funzionalità del fegato del paziente e alla sua dieta, che influiscono sull’efficacia dei farmaci.
La valutazione dell’adeguatezza del dosaggio della terapia viene effettuata mediante un esame del sangue che si chiama INR (Intenational Normalized Ratio). Questo esame, nella sua stessa definizione, ci tranquillizza sul fatto che è un test validato in tutto il mondo: il risultato ottenuto in Italia sarà lo stesso che si potrebbe ottenere in Australia. Per cui un paziente, che deve viaggiare per vacanza o lavoro, potrà effettuare l’esame e ottenere un risultato identico in tutto il mondo. Fino a qualche anno fa questo non era possibile, in quanto l’esame che si effettuava (PT o Tempo di Quick) non era esattamente riproducibile in sedi dierse.

L’INR consigliato per un paziente sottoposto a ricostruzione della valvola mitrale, in assenza di aritmie cardiache è fra 2.0 e 3.0. Nel caso in cui coesista una aritmia cardiaca come la fibrillazione atriale, trattata con ablazione o meno, i valori ottimali sono fra 2,5 e 3,5.

- Dal quarto al sesto mese, esistono due situazioni ben distinte.

- La prima è quella di un paziente con ritmo cardiaco regolare. In questo caso la terapia anticoagulante può venir sospesa, sostituendola, se ritenuto opportuno da parte del cardiochirurgo che vi ha operato, per altri tre mesi, con terapia antiaggregante a basso dosaggio (acido acetilsalicilico=ASA a basso dosaggio, esempio Cardirene® 75 mg, oppure Cardioaspirin®, o Aspirinetta®).

- La seconda è quella di un paziente con ritmo cardiaco non regolare   (fibrillazione atriale). In questo caso la terapia anticoagulante deve proseguire finché non verrà risolto il suo problema aritmico.   

- Successivamente, dopo il sesto mese, se il paziente ha un ritmo cardiaco regolare e una valvola normalmente funzionante, si può sospendere qualsiasi terapia che influenzi la coagulazione del sangue. Nel caso in cui persistano altre situazioni che possono costituire un rischio, la terapia andrà modulata dal Medico di Medicina Generale o dal Cardiochirurgo o Cardiologo di fiducia.



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